Descrizione
A cura di Alberto Baldracchi
DIZIONARIO DIALETTALE DELLA PIE- VE DI BONO
2015, 607 p. ill., f.to 17×24 cm. € 18,00
In coedizione col Comune di Pieve di Bono, Comune di Prezzo e Comune di Valdaone e con le Edizioni Alcione di Trento. Prefazione di Patrizia Cordin. Ricco dizionario del dialetto della Pieve di Bono, completo di vocabolario italiano-dialetto, proverbi e modi di dire tipi- ci del luogo. La ricerca condotta dal Baldracchi, non lessicografo, ma appassionato e buon conoscitore della lingua e della cultura locale, che intende con questo lavoro mosso dalla volontà di preservare dall’oblio la lingua parlata un tempo nel suo paese, fermando su carta, grazie alle parole, anche momenti di vita della storia vissuta dalla gente del posto.
Presentazione della prof.ssa Patrizia Cordin
Il dialetto della Pieve di Bono.
Con modi di dire, proverbi e dizionario italiano-dialetto.
Tra le aree della provincia di Trento i cui dialetti sono meglio documentati si trova il Trentino occidentale. In particolare i dialetti basso Sarca a partire dalla prima metà del XX secolo sono stati oggetto di studi ancora oggi fondamentali per parlati nell’area della Rendena, delle Giudicarie, di Tione, del Chiese, del Banale e del chi si occupa di dialettologia romanza. Numerosi dizionari dedicati all’indagine del lessico di singoli paesi o di aree geolinguistiche ben delimitate di questa parte del Trentino vedono la stampa negli ultimi decenni del Novecento e nei primi anni del Duemila.
Nell’elenco dei lessici recenti figurano opere dai caratteri molto diversi. La distinzione più netta è quella che riconosce nell’insieme dei dizionari pubblicati due tipi principali: da una parte si trovano i dizionari scientifici, redatti da chi di professione è linguista e lessicografo, il cui obiettivo è una descrizione del dialetto “scientifica”, che registri i lemmi senza privilegiare le parole marcatamente diverse dall’italiano, quelle che più di altre rischiano di uscire dal patrimonio lessicale, e che di tutte le voci propone una struttura assai articolata; dall’altra parte si trovano i dizionari di chi, non lessicografo, ma appassionato e buon conoscitore della lingua e della cultura locale, si dedica alla raccolta di un numero -spesso anche assai considerevole- di vocaboli dialettali, mosso soprattutto dalla volontà di preservare dall’oblio la lingua parlata un tempo nel suo paese e di fermare su carta, grazie alle parole, anche momenti della storia vissuta dalla gente del posto.
La raccolta di Alberto Baldracchi si colloca in questo secondo gruppo e rappresenta un “lessico della memoria” che aggiunge alle precedenti indagini lessicali più di seimila voci del Chiese, esito di una paziente e appassionata ricerca condotta dall’autore nei paesi della Pieve di Bono: Cologna, Creto, Strada, Bersone, Daone, Agrone, Praso e Prezzo. L’attenzione per la microvariazione dialettale ci permette di fare confronti puntuali sugli esiti fonetici e sulle scelte lessicali che differenziano dialetti parlati a pochi chilometri di distanza (si veda, per esempio, la vocale tonica in cò ‘testa, capo, cranio’, che in tutti i paesi della Pieve è aperta, mentre a Bersone si pronuncia chiusa, có).
Punto di partenza per la ricerca è un quadernetto, dove durante i suoi giri di lavoro nei paesi della Pieve, l’autore annota termini dialettali, modi di dire, abitudini locali. I risultati oggi pubblicati a partire da questo primo nucleo sono ottenuti grazie a una collaborazione corale di informatori e informatrici e all’integrazione con numerose voci che l’autore ha tratto da scritti novecenteschi in prosa e in poesia nel dialetto locale di Bersone.
Il volume nel suo farsi è stato arricchito anche di una parte introduttiva, dove l’autore dà alcune semplici indicazioni morfologiche (soprattutto sulle declinazioni di nomi, pronomi e aggettivi e sulle coniugazioni verbali). All’introduzione grammaticale segue la raccolta lessicale, strutturata in forma molto chiara: il lemma è riportato secondo un criterio di trascrizione semplificato che ne permette una facile lettura; segue l’indicazione della categoria grammaticale; si aggiunge -nei casi necessari- la precisazione dei paesi in cui il termine è usato; viene registrato infine il termine corrispondente in italiano. Questa struttura “minima” è spesso arricchita da espansioni descrittive, soprattutto quando il lemma si riferisce ad animali, piante, oggetti tipici del territorio: ne è un esempio, fra tanti, la voce anziana, dove al traducente italiano genziana segue la classificazione con il nome latino, la descrizione della pianta, l’indicazione dei luoghi dove si può trovare, e la specificazione che da diversi anni ne è vietata la raccolta. Anche lemmi molto comuni possono dar luogo a voci “espanse”, quasi di carattere enciclopedico, che hanno l’intento di presentare aspetti della vita di un tempo. è il caso della voce giugar, che occupa più pagine del vocabolario, per ricordare e descrivere alcuni giochi una volta comunemente praticati dai ragazzi di Strada. Il forte interesse per gli aspetti della vita quotidiana e per la cultura materiale tipica del passato dei paesi plebani è rivelato anche dalle numerose “finestre” introdotte per ricordare e descrivere feste, usanze, cibi, mestieri, tecniche di costruzione nella Pieve di un tempo, ma anche per dare informazioni sulla situazione odierna (come nella finestra dove viene riportato l’elenco aggiornato delle malghe pievane, in funzione e abbandonate).
Specchio del modo di vivere e della cultura di una volta sono anche le centinaia di proverbi e di modi di dire che in fondo al vocabolario vengono elencati in ordine alfabetico e tradotti in italiano. Spesso si tratta di semplici locuzioni, per esempio ‘verbo più avverbio’, come molarse fò “mollarsi fuori; lasciarsi andare, magari a spendere oltre il normale, darsi alla pazza gioia”. Si trovano qui, insieme a proverbi diffusi in tutto il Trentino -e anche fuori dal Trentino- alcuni proverbi e modi di dire che sono strettamente legati al territorio plebano (ne è un esempio: èsar come le vache dal Bléc “lett. essere come le vacche del Bleggio. Secondo un detto scherzoso le mucche del Bleggio partoriscono due volte all’anno; ad esse si paragona lo sbruffone che esagera nei suoi racconti”).
Il Dizionario termina con un elenco di parole italiane che rimandano ai corrispondenti termini dialettali: si tratta di un piccolo aiuto che l’autore dà a chi -sempre più spesso ormai- si avvia alla ricerca di parole dialettali partendo dall’italiano, secondo un percorso inverso a quello intrapreso da chi invece ha del dialetto una competenza sicura.